Gli scienziati affermano che nel 2050 la popolazione mondiale sarà di circa nove miliardi di persone, quindi sarà necessario produrre il 60% in più di cibo rispetto a quello attuale, inoltre vi sono 800 milioni di persone che vivono in condizioni di estrema povertà e si trovano in aree rurali; queste circostanze rendono necessario l’uso di nuove tecnologie per aumentare la produttività agricola nei paesi in via di sviluppo. E’ chiaro che le piante transgeniche non possono eliminare la povertà e la fame, perché su questa incidono anche fattori sociali e politici, però possono dare un valido aiuto per migliore la situazione.
Nel settore agro-alimentare le biotecnologie vengono applicate per inserire nuove caratteristiche quali: tolleranza agli erbicidi, resistenza ai parassiti, a muffe e virus e resistenza ai disagi ambientali (alte o basse temperature, salinità, umidità, aridità); ma anche per migliorare le caratteristiche nutrizionali della pianta e per conferire una maggiore conservabilità del prodotto.
Nel corso degli anni per quanto riguarda le piante geneticamente modificate si sono create fazioni discordanti, se non opposte. C’è chi è a favore e chi rifiuta la possibilità di nutrirsi con degli OGM. Addirittura c’è chi crede che le piante transgeniche siano un prodotto delle multinazionali, che sono interessate esclusivamente ad aumentare i propri profitti e questa è una falsa credenza.
Infatti le piante transgeniche non sono un’invenzione delle multinazionali, ma sono il prodotto di svariati anni di ricerca nei laboratori pubblici di centinaia di università e organizzazioni governative in tutto il mondo, atti a rendere più produttiva e sostenibile l’agricoltura nei paesi poveri del nostro pianeta.
Ad esempio, tutti noi oggi conosciamo l’aspetto di una pannocchia (spiga) matura di mais o granoturco, però il vero antenato del mais, il teosinte, circa 8.000 anni fa in Messico, aveva un aspetto completamente diverso, la pianta produceva minuscole pannocchie con piccolissimi semi, che tuttora possiamo trovare nelle terre messicane.
Quindi per aumentare la produttività, l’uomo ha applicato al teosinte delle mutazioni genetiche casuali e metodi di selezione, che gli hanno permesso di produrre quello che oggi chiamiamo mais. La produzione di un ettaro di granoturco ha una produzione in granella 1000 volte maggiore rispetto a quella del teosinte; lo stesso vale per altre piante coltivate come: il frumento, il riso, il fagiolo e la soia che nel corso dei secoli sono state modificate geneticamente al punto che non possono più crescere senza l’intervento dell’uomo e le sue tecniche di coltivazione.
Un altro aspetto positivo riguardante le trasformazioni genetiche è quello dell’inserimento di un gene che sintetizza un determinato nutriente o vitamina, come nel caso del riso destinato alle popolazioni del Sud-Est asiatico. In quelle zone il riso costituisce l’alimento base per la nutrizione, ma circa il 70% dei bambini soffre di malnutrizione e carenza di vitamina A, che è causa di morte (ogni anno 1-2 milioni) e cecità (centinaia di migliaia di bambini ne soffrono). I geni inseriti nel genoma del riso permettono di sintetizzare nei semi il beta-carotene (provitamina A, convertita dal nostro organismo in vitamina A) sufficiente a garantire il fabbisogno giornaliero di vitamina A per una crescita sana. A causa dell’accumulo di beta-carotene, i chicchi di questo tipo di riso si presentano con un colore giallo-arancio che gli dà il nome di Golden Rice (riso dorato).
Un altro tipo di trasformazione in campo agronomico è quella che riguarda il mais Bt, che prende il nome dal batterio inserito (Bacillus thuringiensis) e che produce la tossina Bt, una proteina ad attività insetticida, la Cry (Crystalline protein inclusions), questa proteina in seguito ad una lunga esposizione, si lega a specifici recettori nell’intestino degli insetti sensibili, formando un canale ione-selettivo nella membrana cellulare, che si traduce in un grande flusso d’acqua all’interno della cellula con lisi delle cellule stesse portando così alla morte dell’insetto. La presenza di questo specifico recettore, è quindi, un prerequisito essenziale affinché la proteina “Cry” porti a compimento il suo processo. La mancanza di questo recettore a livello delle cellule intestinali dei mammiferi li rende insensibili alla proteina. Ne consegue che in questo tipo di trasformazioni non vengono utilizzati pesticidi pericolosi per l’ambiente ma che agiscono solo sugli insetti dannosi alla pianta; le alte specie continuano a vivere mantenendo la biodiversità.
Un altro vantaggio dell’ingegneria genetica potrebbe essere quello di inserire nelle piante di mais o di arachidi enzimi che inattivano le aflatossine, potenti sostanze cancerogene prodotte da funghi che infettano i semi conservati. Oppure si potrebbero eliminare dalla soia le proteine che causano allergie; ma la maggior parte delle industrie alimentari sceglie di non usare i prodotti delle piante transgeniche.
In passato si credeva che le piante transgeniche potessero promuovere la comparsa di nuovi batteri resistenti agli antibiotici. Questa paura nasceva dal fatto che nelle piante transgeniche, insieme al gene che conferisce la caratteristica desiderata, veniva inserito un gene “marcatore” per selezionare le piante che avevano subito la trasformazione. Il gene in questione conferiva resistenza a un antibiotico utilizzato per eliminare le piante non trasformate.
Per evitare che geni che conferiscono resistenza agli antibiotici vengano trasferiti a batteri presenti nell’ambiente, dal 2004, non possono essere coltivate piante GM con geni di resistenza agli antibiotici come marcatori, eliminando così ogni rischio di diffusione di batteri patogeni resistenti.
Da un confronto tre le piante GM e quelle provenienti da agricoltura biologica, non risulta una evidenza oggettiva che dimostri che i prodotti biologici siano più sani o più nutrienti: l’analisi chimica dei costituenti principali (proteine, amidi, grassi..) rivela infatti una equivalenza composizionale. Le tecniche di agricoltura biologica comprendono l’uso di fertilizzanti organici (letame), la rimozione meccanica delle piante infestanti e il controllo biologico dei parassiti; in questo modo contribuiscono senza dubbio a rendere “sostenibile” l’agricoltura anche se è consentito l’uso di un pesticida, il rotenone, che in realtà è piuttosto velenoso. C’è da considerare inoltre che l’agricoltura biologica ammette tutti i metodi di miglioramento genetico delle piante, compresi quelli che impiegano mutageni chimici e fisici, considerandoli metodi “naturali”.
In realtà le nuove tecnologie non fanno altro che mimare meccanismi che avvengono già in natura, portando avanti quel processo di miglioramento genetico iniziato 10.000 anni fa con la nascita dell’agricoltura; inoltre presentano il vantaggio di poter modificare il DNA in modo mirato e prevedibile.
Riguardo alla sicurezza, possiamo dire con certezza che gli alimenti transgenici sono sottoposti ad analisi più accurate rispetto a quelle usate per qualsiasi altro alimento; gli OGM infatti prima di ottenere l’autorizzazione alla coltivazione e alla commercializzazione devono superare un gran numero di test di sicurezza pertanto, tutte le analisi per la valutazione della sicurezza alimentare vengono effettuate prima della loro immissione sul mercato. Per questo motivo gli OGM oggi in commercio sono da ritenersi sicuri sia per l’uso alimentare umano che animale.